IL MESSAGGERO VENETO
17 novembre 2013
Pressing a Roma per la Tav, sindaci contro la linea costiera
Il commissario Mainardi annuncia un incontro al
ministero per evitare l’attuazione del progetto 2010. «È contestato da
Regioni e Comuni, non è economicamente sostenibile e funzionale per il
Nordest»
UDINE. Il tracciato costiero della Tav non è stato ancora scongiurato.
Dopo le delibere delle due Regioni (Veneto e Fvg) che chiedono al
ministero delle Infrastrutture di studiare un’alternativa, seguirà un
pressing congiunto su Roma per far sì che «lo studio di fattibilità
condiviso con i sindaci diventi il punto da cui ripartire con la
progettazione. Se passa questa volontà il preliminare potrà essere
ultimato in 6/8 mesi». Lo ha detto ieri il commissario dell’Av/Ac (alta
velocità/alta capacità) Bortolo Mainardi ospite dei Lions club del
distretto 108 Ta2 a Concordia Saggittaria. E sul tavolo del commissario
anche un’altra richiesta: quella di inserire la linea
Casarsa-Portograro, da elettrificare, nella progettazione dei corridoi
europei.
La resistenza
Pungolato dal direttore del Messaggero Veneto, Omar Monestier, Mainardi
ha spiegato che nel giro di qualche settimana ci sarà un incontro
tecnico al ministero con i due presidenti di Regione – Debora
Serracchiani e Luca Zaia – per cercare di far passare la richiesta, che
parte dai territori, di un’alternativa. Fino ad allora il “pericolo” che
si proceda con la realizzazione della Tav sulla costa (dopo Mestre
toccherebbe Campalto, Camposile, La salute di Livenza, Portogruaro o San
Michele per poi rientrare in affiancamento all’autostrada nel tratto
friulano) non sarà scampato.
Le criticità
Secondo il commissario il progetto non può essere quello del 2010
perché è contestato in blocco dalle amministrazioni locali, perché non
risponde alla logica che l’opera potrà avere a Nordest – di alta
capacità e quindi di trasporto merci, non di trasporto persone – e
perché non è economicamente sostenibile: «Parliamo di un costo di 44
milioni a chilometro, molto più alto di quello di altre tratte». E poi,
come ha ammesso il commissario incalzato da Monestier, le tratte
italiane precedenti non sono garantite (per ragioni di fondi e anche di
accordi sui progetti) per non parlare di quel che c’è dopo Trieste: il
vuoto. E i tempi? «I cantieri dovrebbero partire il prossimo anno per
concludersi nel 2023 e sapete a che punto siamo».
La nuova idea
Da qui Mainardi è arrivato ad ipotizzare – ed è questa la via tracciata
dallo studio di fattibilità – di lavorare sulla linea esistente e
«preparare già la progettazione di un quadruplicamento da realizzare
quando ci sarà la saturazione della linea esistente». Una saturazione
che non avverrà nel medio termine perché già oggi intervenendo sulla
rete esistente «possiamo, risolvendo alcuni nodi come quello di
Latisana, arrivare a 200 chilometri orari». La politica in due fasi
consentirebbe di risparmiare tempo e denaro: «Anche perché sono le
ferrovie che rendono grandi i porti – ha proseguito il commissario – e
Trieste e Venezia non possono reggere a lungo la concorrenza degli altri
senza un supporto ferroviario». In quest’ottica il commissario invita a
mantenere così l’impegno nel corridoio est-ovest e allo stesso tempo
spinge la politica a puntare «sul corridoio Adriatico Baltico che si
collega con l’Eurasian Bridge, la vera porta per i mercati asiatici».
Le altre linee
In questo contesto i sindaci di San Vito (Antonio Di Bisceglie) e
Portogruaro (Antonio Bertoncello) hanno ribadito l’importanza di
elettrificare la Casarsa-Portogruaro, linea sempre meno strategica per
Rfi, e di farla rientrare nello sviluppo dei corridoi. Il sindaco di
Pordenone, Claudio Pedrotti, ha invitato a ragionare sul potenziamento
della logistica per rilanciare il manifatturiero valorizzando
l’Interporto di Pordenone «assieme a Portogruaro. Possiamo farcela,
però, se abbiamo anche un porto che funziona». Se ne parlerà il 29
novembre in un incontro aperto, a Portogruaro, con Debora Serracchiani e
Renato Chisso.
Autority
Secondo Mainardi è urgente una regia, quella che lui chiama Autority
per le infrastrutture almeno di livello regionale o interregionale
perché, «se quattro concessionarie autostradali del Nordest incamerano 1
miliardo dai pedaggi di cui 410 milioni dal traffico pesante», bisogna
capire se sono sostenibili investimenti “contemporanei” su opere quali
la terza corsia e la Pedemontana veneta da un lato e sull’alta capacità
dall’altro. Alla politica la risposta.