21 settembre 2013
IL CORRIERE DEL VENETO
Da Roma l’ok alla Tav sbagliata
«Mai inviato il vero progetto»
«Mai inviato il vero progetto»
L’accordo sul nuovo tracciato raggiunto a Nordest non è stato comunicato. Scontro fra Regioni e commissario
VENEZIA — Quando gli stranieri
parlano delle incertezze o delle assurdità burocratiche italiane
probabilmente hanno in mente casi come questo. Il ministero
dell'Ambiente chiede alle Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia
elementi per procedere alla Valutazione di impatto ambientale (Via) per
il progetto di un'opera - la ferrovia Alta Velocità/ Alta Capacità
Venezia-Trieste - superato però da un'impostazione molto più condivisa e
molto meno costosa ma della quale non è giunto a Roma un solo schizzo.
E, se nessuno l'ha mandato, è perché né il Commissario, Bortolo
Mainardi, né le Regioni ritengono sia compito loro informare il Governo
del cambiamento d'indirizzo. Il tema è quello del tracciato della «Tav»
nel tratto che attraversa il Veneto.
Il primo ed unico progetto ufficiale,
cioè quello sul quale devono per forza ragionare gli uffici
ministeriali, prevede che la strada ferrata, oltre che passare da due a
quattro binari, poco dopo l'aeroporto di Venezia scenda fin quasi a
lambire la laguna per raggiungere il confine orientale della regione
procedendo diversi chilometri più a sud del sedime ferroviario storico.
Il piano, chiamato «Tracciato litoraneo», come si ricorderà sollevò
subito la contrarietà di gran parte dei comuni attraversati, delle
amministrazioni provinciali e delle categorie produttive per vari
motivi. Oltre alla formidabile incidenza paesaggistica, infatti, dovuta
alla necessità di costruire fondamenta molto profonde in un molle
contesto geologico di bonifica recente, il percorso costi superiori ai 7
miliardi, di fatto impossibili da reperire, e richiederebbe tempi di
realizzazione biblici. L'alternativa, avanzata da Mainardi e condivisa
praticamente da tutti, prevede invece unpuro efficientamento della linea
esistente, sfruttata non oltre il 40%, attraverso il miglioramento
della struttura e l'azzeramento di 18 passaggi a livello, ed
un'eventuale quadruplicazione al momento della saturazione della sua
capacità. I costi non andrebbero oltre gli 800 milioni.
Ma di tutto questo nessuno ha
ancora messo nulla nero su bianco ed appare perciò anche naturale che al
ministero il piano «B» sia sconosciuto. «Quello che dovevo fare l'ho
fatto - si limita a dire Mainardi - ed il mio rapporto è in manoalle
Regioni dall'agosto 2012». Gli uffici regionali di Veneto e Friuli la
pensano però in modo opposto. «Mainardi si chiama 'Commissario
attuatore'. Quando lui e la Rfi, attraverso la controllata Italferr, ci
faranno avere un progetto preliminare svolgeremo le nostre valutazioni
». Le uniche carte che esistono, in sostanza, le sta studiando il
ministero ma sono quelle di un progetto che nessuno vuole. «Sono
profondamente sorpreso - dice Franco Miller, consigliere delegato per le
infrastrutture di Confindustria Veneto - perché mi sembra di tornare
indietro di due anni. Siamo d'accordo tutti che la riqualificazione
della linea esistente sia la strada migliore, perché mai viene
rilanciato il contrastato tracciato balneare?». «Sembra impossibile
anche a noi - si aggancia Francesca Zaccariotto, presidente della
Provincia di Venezia - perché se così fosse vorrebbe dire che i
risultati di un confronto svolto a tutti i livelli dalle istituzioni e
dai cittadini al Governo non interessano».
Un'idea più definita sulle responsabilità del
ritorno al tracciato balneare ce l'ha il consigliere regionale veneto
Bruno Pigozzo (Pd). «Sulla Tav Zaia dorme e lascia decidere tutto a
Roma. Se infatti a livello nazionale si deciderà di procedere con il
tracciato del mare, sarà per colpa di gravissime omissioni da parte di
questo governo regionale». «L’allora ministro Corrado Passera - ricorda
infine la collega Simonetta Rubinato - rispondendo a gennaio ad una
nostra interrogazione, aveva assicurato che il Ministero stava valutando
con la dovuta attenzione il tracciato alternativo. Bisognerebbe farlo
presente al governo in carica». Anche perché una Tav nuova di zecca ha
costi faraonici ed è già una chimera un investimento di 800 milioni per
riqualificare l’esistente.
Gianni Favero