13 agosto 2013
IL CORRIERE DEL VENETO
L'EDITORIALE
Un vero piano per i trasporti
Treni, disagi e la guerra tra regioni (leghiste)
Ci mancava la guerra tra Veneto e Lombardia. I pendolari sono
abituati a vederne di cotte e di crude. Mai però avrebbero pensato di
diventare terreno di scontro tra i governatori delle due regioni
leghiste. Unite dal sogno della Macroregione del Nord, ma evidentemente
divise dall’idea che questa possa viaggiare sui treni. Motivo del
contendere, l’annunciata soppressione da parte della Regione Veneto di
quattro coppie di Interregionali sulla linea Venezia-Milano. La cosa non
va giù agli utenti, che raccolgono petizioni via internet. Ma nemmeno a
Maroni, che si schiera al loro fianco e pensa persino di scucire i
quattrini necessari per mantenere le corse. Il tutto condito da accuse
di scarsa collaborazione tra il Pirellone e Palazzo Balbi. È l’ultima
dal fronte, sempre caldissimo, del trasporto ferroviario locale. Che
qualcosa non funzioni è evidente.
A parte le proteste che si ripetono per
i ritardi e le cancellazioni improvvise, i 152 mila pendolari veneti
lamentano che i tempi di percorrenza sono addirittura peggiorati
rispetto a quaranta anni fa: sostengono che da Venezia a Belluno, per
esempio, nel 1975 si impiegavano un’ora e 51 minuti, oggi per gli stessi
105 chilometri sono necessari 2 ore e 20 minuti. La strategia di
Trenitalia, che ha chiuso il 2012 con un utile netto in crescita del
33,7 per cento, è nota: puntare sull’alta velocità, molto redditizia, a
discapito dei servizi locali, in perdita. Risultato: l’offerta sulla Tav
è aumentata negli ultimi cinque anni del 395 per cento, mentre i
convogli regionali, dal 2010, si sono ridotti del 5 per cento. Logico
che si moltiplichino i disservizi. A fronte dei quali il Veneto ha
applicato quasi 15 milioni di penali in dieci anni. Ora l’assessore ai
Trasporti Renato Chisso è alle prese con i nuovi orari. Giura che è in
atto una rivoluzione, sulla base del concetto di metropolitana di
superficie: si sale, si scende, si cambia. Per cominciare, assicura il
23 per cento dei servizi in più per i pendolari, l’aumento del 30 di
posti a sedere e del 18 per cento di fermate. Pochi ci credono. Le
associazioni dei pendolari sono in subbuglio, ma pure i sindaci vogliono
vederci chiaro.
La verità è che più che rimescolare le carte,
magari sperando in un migliore trattamento da parte di Trenitalia, la
Regione dovrebbe ripensare radicalmente le proprie politiche sulla
mobilità. Stando al rapporto «Pendolaria», curato da Legambiente, le
risorse destinate al trasporto ferroviario locale nel 2012 hanno pesato
appena per lo 0,28 per cento sul bilancio regionale: meno che in
Basilicata e in Sardegna. Non basta: al potenziamento delle linee
ferroviarie è stato destinato in dieci anni solamente il 7,6 per cento
della spesa totale in infrastrutture, in concreto 75,6 milioni contro i
919,6 finiti nella rete stradale. Il Veneto ha assolutamente bisogno di
un piano per i trasporti complessivo ed efficace. Ci vogliono
investimenti. E vanno studiate fino in fondo forme di gestione diverse,
anche con la costituzione di nuove società regionali. Ma è l’obiettivo
che conta: occorre creare una vera integrazione fra servizi su binario e
su gomma, settore quest’ultimo dove attualmente operano ben 39 aziende.
Un dato deve essere chiaro: mobilità, oggi, fa rima con sviluppo.