LA NUOVA VENEZIA
mercoledì05marzo2014
Attentato a ditta che lavora per la Tav
Torre di Mosto. Solo la pioggia ha impedito l’esplosione di due perforatrici. Il titolare: «Non riusciranno a fermarci»
TORRE DI MOSTO. «Potevano farci davvero del male». In via Confin,
sede della Nuova Costruzioni Brunello, che si trova proprio al civico 1,
nessuno ha pensato a uno scherzo di Carnevale di pessimo gusto, neanche
per un attimo, nonostante il periodo possa suggerirlo. Lassù qualcuno
li odia. A tal punto qualcuno ha pensato di mettere in atto il fallito
attentato a Torre di Mosto, paesino al centro del Veneto Orientale,
forse gente arrivata da lontano o simpatizzanti dell’area veneta.
Saranno le indagini a stabilirlo. Quando un operaio si è accorto lunedì,
a metà mattina, che due macchine perforatrici erano collegate a un
timer con quattro bottiglie di liquido infiammabile da un litro e mezzo
ciascuna, pronto all’innesco, ha subito pensato a qualcosa di
gravissimo.
Un attentato. Fallito, per miracolo, perché la pioggia
dei giorni scorsi probabilmente ha messo fuori uso il timer. E così,
l’ombra delle più tetra intimidazione arriva a serpeggiare perfino nel
tranquillo e operoso Veneto orientale, in una zona industriale lontana
dal piccolo centro abitato sospeso tra Sandonatese e Portogruarese. Il
bersaglio è una ditta che pochi conoscono a Torre di Mosto, e che lavora
in tutta Italia e all’estero. Ma soprattutto ha portato i suoi
macchinari fino a Bardonecchia, cuore della Val di Susa, al centro di
un’aspra contesa per la realizzazione della grande linea ferroviaria che
divide l’opinione pubblica e che sta dando dei segnali davvero
inquietanti.
Si ritiene che gli ordigni possano essere stati
sistemati nel fine settimana, quando l’azienda era chiusa. Un chiaro
messaggio del braccio armato dei no Tav, visto che la società
cooperativa Ncb di Torre di Mosto aveva da poco riportato in sede dalla
Val di Susa le due macchine perforatrici, solitamente utilizzate per le
fondazioni. I muri di cinta in via Confin e le stesse macchine sono
state imbrattate di scritte contro la Tav, con tanto di firma del
braccio armato. La Ncb opera in Val Di Susa, dove sono stati noleggiati
diversi macchinari. «Si vede che a Bardonecchia, dove abbiamo lavorato»,
spiega il titolare dell’azienda torresana, Renzo Tronco, «hanno visto
il nostro logo e sono arrivati fino a qui. Un gesto stupido, in fondo,
che poteva causare una tragedia. Intimidatori arrivati forse da lassù,
persone che vogliono fermare la Tav. Se ne è accorto uno dei nostri
operai, ma certo poteva esplodere tutto».
La Ncb è a Torre di
Mosto dagli anni ’90. Lavora per lo più all’estero, specializzata nella
produzione di macchine perforatrici per cave e miniere. «È demenziale
quanto accaduto», dice ancora il titolare, «ma per quello che hanno
fatto qualcuno poteva davvero farsi del male, al di là dei danni che
un’esplosione avrebbe provocato. Non possiamo fare nulla, adesso, se non
avere massima fiducia nelle indagini in corso. Guarderemo avanti, senza
paura, pensando al nostro lavoro come facciamo sempre».
“Giacu”, è la firma lasciata sui macchinari
Le indagini stabiliranno se è arrivato un commando da fuori o se si tratta di simpatizzanti della zona
TORRE DI MOSTO. Cinque lettere vergate con lo spray blu, su uno dei
macchinari della Nuova Costruzioni Brunello (Ncb) di Torre di Mosto:
“Giacu”. Una parola che da queste parti è piuttosto misteriosa ma che in
Val di Susa, dove è aperto il cantiere per l’Alta Velocità, conoscono
davvero tutti. È lo spirito dei No Tav, lo spirito che - hanno spiegato
più volte gli appartenenti al movimento - solo chi è puro di cuore può
vedere: è lo spirito che protegge la valle e che da tempo è diventato
uno dei simboli della protesta contro il treno veloce. È anche la firma
“Giacu” a sottolineare il legame tra il ritrovamento di lunedì a Torre
di Mosto e quanto succede in Val di Susa. Due gli “ordigni” confezionati
e trovati poco dopo le 10 dai dipendenti dell’azienda. Un primo
composto da quattro bottiglie, posizionato su una macchina operatrice
per la trivellazione utilizzata dalla Eurosol di Torino nel cantiere
sulla Torino-Lione, un secondo formato da tre bottiglie su un altro
macchinario non più funzionante, lo stesso sul quale è stata lasciata
con una bomboletta la firma “Giacu”.
Bottiglie contenenti
gasolio, collegate a timer di cucina, confezionate con cura, tanto che
per sicurezza è stato necessario far intervenire il gruppo degli
artificieri dei carabinieri da Padova, che hanno provveduto a metterli
in sicurezza. Gli ordigni posizionati nel fine settimana potevano
davvero esplodere o servivano a cercare di spaventare qualcuno mandando
un messaggio di avvertimento? È una risposta attesa, ma che potranno
dare solo le analisi tecniche che dovranno essere compiute dai Ris di
Parma.
E ancora: a mettere gli ordigni sono state davvero persone
riconducibili alla frangia più antagonista dei No Tav? E in questo caso
potrebbero essere gruppi arrivati dalla Val di Susa o già attivi nel
territorio, dove l’opposizione al progetto dell’Alta velocità è comunque
alta ma è sempre stata pacifica? E infine, potrebbe trattarsi del gesto
di emulazione di qualcuno che, lasciando quella scritta, vuole
screditare il movimento? Sono tutte domande alle quali dovranno cercare
di rispondere le indagini, affidate per il momento al Nucleo
investigativo dei carabinieri, anche se del caso si sta occupando anche
la Digos - con l’obiettivo di fare luce sul contesto in cui l’attentato è
maturato. Inoltre, se dovesse essere confermata - al momento la pista
più accreditata -la matrice dell’anima No Tav incline alla violenza del
caso si occuperà la sezione anticrimine dei carabinieri. Contro l’Alta
velocità nelle ultime settimane, sono apparse decine di scritte tra
Mestre e Marghera.
Francesco Furlan